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Italia, terzo mondo

Siamo nel terzo mondo. In Italia intendo.

Vado sul sito di Nelly Furtado (nessun commento, per favore, ascolto anche Miles Davis! :-)) e scopro che si può acquistare on line l’ultimo album. Scopro che lo vendono anche scaricabile. Penso: ci saranno un quintale di dispositivi anticopia, DRM, e altro. E invece no, si scaricano gli MP3. Leggo la FAQ, non ci credo: tra i requisiti tecnici dice “qualsiasi player MP3″, ad esempio Winamp. Sono commosso, decido di comprare, non fosse altro per incentivare la musica legale e senza lucchetti.

Clicco, aggiungo al carrello… 9 $, nove dollari, NOVE DOLLARI?!? No, aspetta, ma qua da noi l’album costa circa 20 €. Fantastico, sfodero la carta di credito, riempio il form, avanti, sì, l’email, ok, il mio numero di telefono, ok, VAI, ACQUISTA!

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Ma in che posto vivo, si può sapere?

Me ne vado a letto.

Inés dell’anima mia

Inés dell’anima mia — copertina

Ho appena finito di leggere l’ultimo capolavoro di Isabel Allende, una delle migliori scrittrici sudamericane e una delle mie autrici preferite.

Ancora una volta la Allende ci descrive le gesta di un personaggio femminile, una donna forte ed indipendente, una vera eroina. Questa volta, tuttavia, la scrittrice non descrive un personaggio di fantasia, come ci ha abituato nel corso della sua lunga carriera, ma ci presenta la biografia di Inés Suàrez, eroina della conquista spagnola del Cile.

La trama in breve. Il racconto è organizzato come un diario autobiografico scritto da Inés in tarda età e consegnato alla figlia, perché non vadano perse le memorie di una vita avventurosa, che viene dispiegata dalla sua nascita fino all’ultimo istante di vita, quando la morte la abbraccia ancora con la penna in mano.

I temi principali del romanzo sono quelli cari alla Allende e più in generale sentiti nella letteratura sudamericana. Mi colpisce sempre il rapporto intimo che i personaggi hanno con gli spiriti, che appaiono reali tanto quanto i personaggi stessi e guidano la vita e le scelte delle persone. Una dimensione, quella ultraterrena, che noi europei abbiamo completamente perso, e non so se sia un bene o un male. Altro tema forte è certamente quello della vecchiaia, un’età di debolezza fisica ma comunque di vigore intellettuale, e della consapevolezza di aver acquisito durante la propria vita una saggezza che non è certo la cifra della gioventù.

L’altro vigoroso motore del romanzo è l’amore. Inés è una donna passionale, sincera, che ama il primo marito anche se, di fatto, egli l’abbandona. È anzi per questo motivo, per ricongiungersi al marito, che Inés decide di partire dal poverissimo paese spagnolo in cui è nata, ed affrontare un viaggio avventuroso verso il Sud America. Una volta giunta a destinazione, si dedicherà alla ricerca dell’uomo che ama e scoprirà che è morto in battaglia.

A questo punto la nostra eroina è ad un bivio: tornare in Spagna oppure proseguire l’avventura in Sud America. Inutile dire che la decisione è quella di restare, ma qui mi fermo, perché svelare qualcosa della trama può invogliare la lettura, ma esagerare mi renderebbe odioso.

Da più di vent’anni Isabel Allende ci delizia con romanzi che raccontano persone ed emozioni ed, in questo caso, inquadrano anche un periodo storico preciso, con eventi e personaggi realmente accaduti. Dopo i ringraziamenti finali, infatti, è presentata una ricca bibliografia storica contenente le fonti che hanno costituito l’ossatura del romanzo.

Se come me siete appassionati dalla narrazione della Allende, non potete non leggere questo romanzo.


Isabel Allende
Inés dell’anima mia (titolo originale: Inés del alma mía)
Feltrinelli
326 pagine
ISBN: 88-07-01711-3

Occhi verdi

Fotografia: ragazza con occhi verdi

Questo post è interessante per due motivi: è il primo post di questo blog, cosa non trascurabile per una persona che tenta di trovare il tempo di scrivere qualcosa da anni, e per lo sguardo che vedere qui a destra.

Erano secoli che volevo fare un ritratto femminile significativo e, quasi per caso, ci sono riuscito. Alla mia ultima festa di compleanno, organizzata a sorpresa (beh, più o meno…) dagli amici di sempre, mi capita per le mani una reflex digitale. Io infatti possiedo — ancora per poco, se Gigi si decide a vendermi la sua Canon 350D — una Canon PowerShot A95, bella macchinetta, niente da dire ma, come tutte le compatte, ha il terrificante difetto di non poter regolare la profondità di campo. Questo significa, in pratica, che è impossibile scattare dei ritratti, a meno di non procedere ad un pesante fotoritocco per eliminare successivamente lo sfondo che distrae dal soggetto del ritratto. Ma torniamo alla festa: Daniele mi presta la sua reflex e, dopo non poche insistenze, riesco a far mettere in posa Valeria e a scattare questo ritratto che rapisce almeno in parte la magia del suo sguardo.

Che dire? È il primo ritratto di un fotografo dilettante innamorato dei paesaggi e di foto panoramiche, fatto con una macchina che non conosco, ad un soggetto in movimento che non aveva nessunissima intenzione di farsi fotografare, quindi direi che… va bene così.

Appena trovo i soldi per comprare una macchina decente mi ripropongo di tornare ad importunare Valeria per nuovi ritratti.

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