Sōchin (壯鎭)
I'm learning Sōchin (壯鎭). What the heck is Sōchin? It's a kata. It's a Karate-do thing. Never mind what a kata is or what Karate-do is, watch this video. :-)
And not, I don't even remotely resemble Valdesi.
I'm learning Sōchin (壯鎭). What the heck is Sōchin? It's a kata. It's a Karate-do thing. Never mind what a kata is or what Karate-do is, watch this video. :-)
And not, I don't even remotely resemble Valdesi.
Non ho mai tempo di scrivere qualcosa su questo blog, è davvero una vergogna, ma, tutto sommato, se non si ha molto da dire forse è meglio tacere. L’ultima volta che ho scritto qualcosa è stato il 3 Settembre scorso per dire che, dopo un anno di inattività totale, ero tornato in palestra per riprendere il corso di Karate. Concludevo dicendo che l’obbiettivo per quest’anno sarebbe stato conseguire il secondo dan, vale a dire il secondo grado della cintura nera.
Ebbene, torno a scrivere dopo mesi per dire che ce l’ho fatta! L’altro ieri (25 Gennaio) ho sostenuto con successo l’esame per il grado di secondo dan. Nella foto mi vedete mentre, durante la prova di kumite, tento un mawashi geri, un calcio circolare: la postura è un po’ scomposta ma ero davvero stanco e febbricitante per giunta. Il calcio doveva essere abbastanza prevedibile, visto che l’altro esaminando l’ha schivato senza troppi problemi, ma non è questo il punto. Il punto è che sono felice!
A breve pubblicherò su Flickr la galleria delle fotografie dell’esame ma nel frattempo voglio ringraziare gli altri quattro esaminandi della mia palestra (Claudio, Massimiliano, Nicolas e Daniele) con i quali mi sono allenato per un mese di intenso sudore.
Ed infine ringrazio ed abbraccio il mio maestro, Mauro Crescenzio, per gli allenamenti supplementari di sabato e domenica che sono costati a noi fatica e a lui… tanta pazienza.
Due di Settembre, riprendono le lezioni di Karate. Come tutti gli anni, verrebbe da dire, ma in realtà per me è passato più di un anno da quando ho indossato l’ultima volta il karategi perché lo scorso anno ho saltato l’intero corso per impegni di lavoro. Quest’anno ho deciso che niente mi avrebbe distolto dal riprendere lo studio di una disciplina che tiene in forma ed apre la mente, allena la potenza e l’equilibrio ed impone concentrazione.
È stato un piacere rivedere i vecchi amici, che mi avevano giustamente dato per disperso, e ritrovare il maestro, felice di rivedermi.
Questi gli aspetti positivi. Ora, brevemente, quelli tragicomici: dopo un anno di inattività il primo allenamento (blando a dire la verità) mi ha massacrato! Tachicardia, muscoli intorpiditi e doloranti, più che il karateka cui dovrei assomigliare sembro il ritratto di Fantozzi dopo l’estenuante Coppa Cobram. Ora, siccome l’obbiettivo per quest’anno è arrivare all’esame di 2° dan, non c’è che da rimboccarsi le maniche e darci dentro.
Os!
Il 23 Settembre scorso — ne scrivo solo oggi per la cronica mancanza di tempo — si sono svolti nella ridente (?!?) cittadina di Cavenago gli esami di graduazione di primo e secondo dan. La palestra in cui pratico il Karate, quando il lavoro mi lascia un po’ di pace, aveva una rappresentanza di ben nove allievi, sei esaminati per passare dalla cintura marrone (1° kyu) alla cintura nera (1° dan), e ben tre per conquistare il grado di 2° dan. È stato un piacere poter partecipare in qualità di fotografo, per immortalare qualche momento di tensione, prima dell’esame, lo sforzo degli atleti durante la performance ed infine la gioia dopo aver conseguito il diploma.
Studiare il Karate richiede un notevole impegno: se lo si pratica come agonisti, come Gabriele ed Andrea che vedete in fotografia, significa faticare parecchio, rinunciare ai pomeriggi con gli amici, alla PlayStation e magari anche alle ragazze, per trovarsi quasi tutti i giorni in palestra a sudare, per raggiungere un traguardo sfuggente, per vincere una gara, conciliando il tutto con l’impegno scolastico.
Anche per chi, come me, pratica quest’arte come amatore l’impegno è molto perché, anche se ci alleniamo solo due sere la settimana, e non abbiamo certo lo stress delle gare, gli impegni di lavoro ed in famiglia, per molti i figli, sono spesso difficilmente conciliabili con gli orari obbligatoriamente fissi delle lezioni.
Raggiungere quindi il primo traguardo della cintura nera è davvero motivo di soddisfazione ed orgoglio perché significa in qualche modo arrivare alla conclusione della prima parte di un lungo percorso, durato almeno quattro o cinque anni. Per chi raggiunge il secondo dan, ovviamente, la soddisfazione è ancora più intensa.
L’anno prossimo toccherà a me cimentarmi con l’esame di secondo dan, sempre che trovi il tempo di allenarmi decentemente per poter essere ammesso all’esame…
Un ringraziamento “di rito”, ma autenticamente sentito, va ai due istruttori della palestra che hanno portato tutti noi a questi risultati, con la loro competenza tecnica ma anche impostando nel dojo un clima amichevole e proficuo. Grazie Mauro e Roberto! Continuate così, nel solco tracciato da Antonio: il nostro sensei è certamente contento di tutti noi.
Nota importante: trovate sulla mia pagina di Flickr le fotografie dell’esame.
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