Ho avuto davvero una settimana intensa, motivo
per cui scrivo solo ora delle mie impressioni sul PyCon3, conclusosi lo scorso fine
settimana.
Anzitutto, perché andare ad una manifestazione su Python, dal
momento che il mio linguaggio di programmazione preferito è l’Objective Caml? Le
risposte sono molteplici.
Anzitutto Python, tra i linguaggi a tipizzazione dinamica, è quello
più pulito ed ortogonale che ci sia in circolazione. Ha molte
caratteristiche che lo avvicinano alla programmazione funzionale, il
che è solo un pregio per me, ed in barba a quel che afferma Guido van
Rossum, papà di Python. Non sono l’unico comunque a pensare che il
successo di Python sia dovuto soprattutto a questi fattori. In un celeberrimo post del
2002 Paul Graham spiegava proprio con la continua aggiunta di
caratteristiche funzionali al linguaggio il suo successo.
Quindi il linguaggio merita certamente molta attenzione e nessuno
programmatore professionista dovrebbe farsi scappare la possibilità di
impararlo, se già non lo conosce.
Un altro ottimo motivo per partecipare al PyCon è certamente
l’eccellente livello degli ospiti invitati. Su tutti quest’anno svetta
certamente lo stesso van Rossum, creatore del linguaggio, che ha
tenuto due talk estremamente interessanti, sulla genesi
e lo sviluppo della versione 3.0 di Python e sugli ultimi sviluppi
di Google
App Engine. Estremamente interessante il talk di Alex Martelli
intitolato “Lo Zen e l’Arte della Manutenzione delle Astrazioni” in cui ha
parlato come secondo lui un’astrazione deve essere concepita e quali
obiettivi si debba porre per essere manutenibile nel lungo periodo.
Martelli ha anche spiegato un pattern molto efficace, la Dependency Injection.
Questo pattern mi piace moltissimo e l’unica nota un po’ critica (anzi
ironica, direi) che vorrei fare è che… assomiglia moltissimo all’uso
quotidiano che si fa in OCaml dei funtori,
anzi, sono proprio i funtori implementati in Python. Sempre con buona
pace per Guido van Rossum :-)
Altri interventi di relatori meno “big” sono stati comunque molto
interessanti: certamente la qualità dei talk è complessivamente da
alta a molto alta.
Un altro buon motivo per partecipare al PyCon è la comunità di
smanettoni e professionisti che gravita attorno a Python. Il solito
Paul Graham scriveva nel 2004 del Python paradox
(traduzione italiana qui) vale
a dire: se programmi in Python sei uno smanettone, visto che
nell’industria non si usa(va); se sei uno smanettone ci sono buone
possibilità che ti piaccia programmare e sappia farlo bene; ergo, se
devo cercare un buon programmatore, meglio cercarlo tra coloro che
conoscono Python piuttosto che tra coloro che mettono Java in
curriculum. Non fa una piega. E se Graham fosse venuto al PyCon3,
invece di stare a casa a poltrire, avrebbe avuto un’altra conferma del
suo paradosso. Tanta gente simpatica e competente, possibilità di
parlare con tutti delle proprie esperienze di programmatore, ma anche
di fesserie collegate al mondo dell’informatica in generale, tipo: “ma
tu c’hai un Mini Dell? Come va Linux su ’sto coso?”. Cose così
insomma.
L’elogio dell’organizzazione è doveroso, ma non ci voglio spendere
molte parole. Il PyCon3, come il PyCon2 l’anno scorso, è organizzato
in maniera perfetta sotto ogni punto di vista. Punto
e basta.
Una riflessione finale: nel momento in cui i “big”
dell’informatica, come Google, promuovono Python a spintoni (Guido van
Rossum è pagato da Google per passare metà del suo tempo su Python) e
lo adottano come principale piattaforma di sviluppo, possiamo dire
finito il “paradosso Python”? Cominceremo a vedere programmatori
mediocri mettere in curriculum Python perché va di moda come nel 2004
andava di moda Java? Probabilmente non siamo arrivati a questo punto,
ma poco ci manca. Spero che la comunità Python si conservi vivace come
ora, ma ho ottime speranze: quella Java non è stata
mai così vivace neanche nei suoi momenti migliori
(quali, poi?).
Ah, dimenticavo: vince il premio di domanda più assurda del PyCon3
quella di una persona che ha chiesto a Guido van Rossum se Google ha
intenzione di esporre il proprio API di Google App Engine anche per
altri linguaggi, oltre a Python e Java, tipo, per esempio… Ruby o PHP!
Risate a scena aperta dalla platea (devo dire, me compreso). Guido
attende la traduzione in cuffia e, quando arriva, strabuzza gli occhi,
capisce il motivo della risata generale ma, compostissimo, risponde
che per ora no, non se ne parla ed il futuro è molto imprevedibile. Un
vero gentleman!
All’anno prossimo, speriamo sempre a Firenze,
tremo all’idea che possano spostare il PyCon a Cinisello
Balsamo!